Nonostante l’emozione e la tristezza, ci rifiutiamo di cedere al terrore, rifiutiamo la società della paura, della stigmatizzazione e della ricerca di capri espiatori. Affermiamo la nostra determinazione a continuare a circolare, a lavorare, a intrattenerci, a riunirci e a lottare liberamente.
«La Francia è in guerra,» ci viene detto. Ma questa non è la nostra guerra: dopo il disastro americano in Iraq e in Afghanistan, gli attuali interventi francesi in Iraq, Libia, Siria, Mali, Ciad, Niger, Repubblica Centrafricana, contribuiscono a destabilizzare queste regioni e ad innescare la partenza dei migranti che affrontano la Fortezza Europa e i cui corpi finiscono sulle nostre spiagge. Disuguaglianze e predazioni provocano strappi nelle società, le mettono le une contro le altre.
Al Qaeda o Daesh traggono tutta la loro forza disumana da queste ingiustizie. Questa guerra non porta a nessuna pace, perché non c’è pace senza giustizia. Per porre fine a questa guerra, bisognerà finirla con la dipendenza dalla potenza, dalle armi, dal petrolio, dai metalli rari, dall’uranio ...
Al di là del terreno sociale ed economico che nutre ogni disperazione e tutti gli atti insensati, rimane la «banalità del male», vale a dire che l’umanità non è mai al sicuro dal ritorno o dall’instaurazione della barbarie quando alcuni decidono di rinunciare al rispetto dell’essere umano in quanto essere umano.
Per quello che è alla nostra portata, più che mai, dobbiamo lottare contro l’imperialismo fosse esso «umanitario», contro il produttivismo distruttivo, per delle società semplici, libere ed eguali.
Rifiutiamo in anticipo qualsiasi restrizione al diritto di protestare e lottare contro questo mondo decadente, per le alternative che portano insieme tutti i popoli del Sud e del Nord. Dal 29 novembre al 12 dicembre, in occasione della COP 21 e delle mobilitazioni da parte dei cittadini, mostreremo che un altro mondo è possibile, necessario e urgente.